In un’intervista toccante, Francesca Pirani, regista di “Vakhim”, nelle Giornate degli Autori, condivide le motivazioni personali e le emozioni che hanno guidato la realizzazione di questo documentario profondo. La storia di Vakhim inizia nel 2008, quando, a soli quattro anni, viene adottato in Cambogia e portato in Italia. Il film segue il suo percorso di crescita mentre affronta le complicazioni legate alla sua origine e l’intenso desiderio di riconnettersi con la madre biologica.
Pirani racconta che l’idea di realizzare “Vakhim” è nata dal desiderio di esplorare le esperienze universali e le sfide affrontate dai bambini adottati. Questo desiderio si riflette nella ricerca di verità e nella necessità di esplorare la propria identità attraverso le memorie del passato. “Dopo la lettera della madre biologica, ho sentito che era fondamentale non solo raccontare la storia di Vakhim, ma anche il suo impatto sulla mia famiglia e sulle nostre vite,” afferma. Questo momento cruciale segna un punto di svolta sia per Vakhim che per i suoi genitori adottivi, Francesca e Simone.
Il documentario si concentra sull’interazione e sui legami tra Vakhim e sua madre biologica. Pirani sottolinea che, mentre affronta la ricerca delle sue radici, Vakhim deve anche confrontarsi con le sue esperienze di vita in Italia, dove ha dovuto adattarsi a una nuova cultura e lingua. “Quando Vakhim arrivò, parlava solo khmer, ma iniziò rapidamente a imparare l’italiano. Tuttavia, con questa transizione, ha anche dovuto affrontare la perdita del suo legame con la sua lingua madre e la sua cultura,” dice Pirani.
L’aspetto della cultura cambogiana viene trattato con una sensibilità e una cura particolari. “Volevo rappresentare il modo in cui le radici culturali di Vakhim e la sua storia personale si intrecciano,” spiega la regista. Utilizzando materiali di repertorio e nuove riprese, Pirani mescola il realismo alla poesia della memoria, creando un racconto che invita il pubblico a riflettere sui propri legami familiari e identitari.
La regista confronta le esperienze di Vakhim con quelle degli altri figli adottati, esplorando anche i costi emotivi e psicologici di tali transizioni. “È importante mostrare che, sebbene questi bambini possano perdere la loro lingua e una parte della loro identità, non perdono il diritto di avere una storia e una voce,” afferma Pirani. Attraverso il racconto della vita di Vakhim, il film sottolinea l’importanza della memoria e della connessione familiare, evidenziando come queste esperienze possano contribuire allo sviluppo della propria identità.
La scelta delle location per le riprese è stata cruciale per creare un’atmosfera autentica che rispecchiasse la realtà di Vakhim. Pirani spiega: “Abbiamo girato in luoghi significativi che rappresentano sia il passato di Vakhim che il suo presente, creando un legame visivo tra le sue due vite.” Questa scelta non solo arricchisce la narrazione, ma permette anche al pubblico di immergersi completamente nella storia.
In conclusione, “Vakhim” è un film che non solo narra un viaggio personale, ma affronta profondi temi di identità, cultura e le sfide legate all’adozione. Francesca Pirani, con la sua sensibilità e dedizione, riesce a raccontare una storia che tocca i cuori, invitando gli spettatori a riflettere sulla complessità delle relazioni familiari e sull’importanza delle radici. “Vakhim” si propone quindi come un’opera di grande significato, capace di risuonare con chiunque sia stato in cerca di un senso di appartenenza e di identità.
Plot
Adottato in Cambogia a quattro anni, Vakhim arriva in Italia nel 2008. Parla solo khmer e tutto intorno a lui è sconosciuto, è un bambino solare e per adattarsi rimuove le tracce della sua breve vita che, però, non scompare del tutto. In Italia c’è Maklin, la sorella maggiore e dopo qualche anno arriva una lettera: è la madre naturale di Vakhim che chiede del figlio. Francesca e Simone, i genitori adottivi, decidono di andarla a cercare.