PODCAST | Chiara Nicoletti intervista Elia Moutamid, regista del film Kufid.
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Scrive nelle note di regia Elia Moutamid a proposito di Kufid, il suo nuovo documentario in concorso al 38 Torino Film Festival nella sezione Italiana Doc: “Da piccolo i miei genitori mi hanno insegnato a dire Inch’Allah quando metto in programma di fare qualcosa’. Ecco, Kufid è questo: la pianificazione di qualcosa di non pianificato. Un ossimoro». Nasce come documentario sulla gentrificazione tra Italia e Marocco e diventa un ironico sguardo su di noi tutti durante la pandemia, un “ne usciremo migliori” che non sembra ha senso e le contraddizioni che ci riguardano tutti e che contraddistinguono anche il regista, con cui siamo messi a confronto, ridendone anche un po’ in Kufid. Di lui Elia Moutamid dice: “Io sono un bresciano incastonato nel corpo di un arabo” e con questa definizione racchiude anche il cuore del film, che lo riguarda in prima persona e lo vede protagonista e testimone dei mesi che ci siamo lasciati alle spalle. Già trionfatore al 35° TFF con un Premio speciale della giuria e premio collaterale “Gli occhiali di Gandhi” per Talien, un road movie dalla Lombardia al Marocco, Elia Moutamid riscopre la gioia di partecipare al Festival, seppur nella sua versione online, nell’attesa di uscire in sala con il suo film, distribuito da Cineclub Internazionale Distribuzione.
Kufid: Un regista va in Marocco per un sopralluogo: vuole girare un documentario sui fenomeni urbanistici. Torna in Italia con del materiale, ma mentre sta per iniziare a girare il documentario arriva la pandemia. Tutto fermo. Tutti bloccati a casa per mesi. Sulla suggestione del materiale raccolto inizia una riflessione, un percorso autobiografico, completamente diverso dagli intenti iniziali. La quarantena forzata porta l’autore alla scrittura di un diario che procede tra incursioni nella cronaca, vicende personali e familiari, tra ironia e antropologia. Un arrovellamento, un confronto con un’entità, Kufid, che sconquassa vite ma non scalfisce stereotipi e pregiudizi, lasciando in sospeso questioni irrisolte. Il futuro sarà, «Inch’Allah» (se Dio vuole).
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