Paola Cortellesi debutta alla regia con “C’è ancora domani“, film di apertura della 18esima Festa del cinema di Roma, scritto insieme a Furio Andreotti e Giulia Calenda, e con protagonisti la stessa attrice, Valerio Mastandrea, Romana Maggiora Vergano, Emanuela Fanelli, Giorgio Colangeli e Vinicio Marchioni. Il dramedy in bianco e nero, nelle sale dal 26 ottobre con Vision, è ambientato in una Roma popolare e post-bellica dove dentro le mura di una casa si consuma la violenza domestica. Cortellesi ha voluto rendere omaggio a tutte le donne di quel tempo che nessuno ha mai raccontato.
Un’opera prima che nasce da sceneggiatrice
La voglia di girare un film è venuto a Cortellesi non in quanto attrice, ma sceneggiatrice. “Ho sentito che non volevo lasciar andare via quello che scrivevo. Me lo avevano proposto già anni fa, ma ci è voluto un po’. Avevo voglia di realizzare qualcosa attraverso la mia immaginazione e non quella di altri registi“.
Un film rivolto anche alle nuove generazioni
“Il titolo del film è un messaggio di speranza verso il futuro – spiega Cortellesi – Sono felice se il film lo vedranno anche i giovani. Mentre lo scrivevamo Giulia Calenda mi ha regalato il libro “Nina e i diritti delle donne” e leggendolo ho avuto l’illuminazione riguardo al finale del film. L’ho letto anche con mia figlia che è rimasta incredula di fronte al fatto che noi donne siamo state così discriminate. Mi sono sentita sollevata, ma anche preoccupata. Era importante che lei sapesse da dove veniamo. Se nasci donna stai dalla parte di chi ha sempre subito. Nilde Iotti diceva che i nostri diritti non sono eterni e bisogna combattere per ottenerli“.
La violenza non esibita
Cortellesi ha scelto di “coreografare” le scene di violenza, attraverso la musica e i movimenti, e non mostrarla al pubblico. “Mi interessava raccontare la violenza domestica come un rituale. Se avessi mostrato delle percosse in modo realistico, ci saremmo soffermati solo sulle conseguenze, sui lividi, sul dolore. Mi interessava mostrare ciò che avviene da anni in quella casa, come un balletto“.
Plot
Delia (Paola Cortellesi) è la moglie di Ivano, la madre di tre figli.
Moglie, madre. Questi sono i ruoli che la definiscono e questo le basta. Siamo nella seconda metà degli anni 40 e questa famiglia qualunque vive in una Roma divisa tra la spinta positiva della liberazione e le miserie della guerra da poco alle spalle.
Ivano (Valerio Mastandrea) è capo supremo e padrone della famiglia, lavora duro per portare i pochi soldi a casa e non perde occasione di sottolinearlo, a volte con toni sprezzanti, altre, direttamente con la cinghia.
Ha rispetto solo per quella canaglia di suo padre, il Sor Ottorino (Giorgio Colangeli), un vecchio livoroso e dispotico di cui Delia è a tutti gli effetti la badante. L’unico sollievo di Delia è l’amica Marisa (Emanuela Fanelli), con cui condivide momenti di leggerezza e qualche intima confidenza.
È primavera e tutta la famiglia è in fermento per l’imminente fidanzamento dell’amata primogenita Marcella (Romana Maggiora Vergano), che, dal canto suo, spera solo di sposarsi in fretta con un bravo ragazzo di ceto borghese, Giulio (Francesco Centorame), e liberarsi finalmente di quella famiglia imbarazzante.
Anche Delia non chiede altro, accetta la vita che le è toccata e un buon matrimonio per la figlia è tutto ciò a cui aspiri. L’arrivo di una lettera misteriosa però, le accenderà il coraggio per rovesciare i piani prestabiliti e immaginare un futuro migliore, non solo per lei.