In un’intervista profonda, Francesco Manzato, il regista di “Nero Argento“, nella sezione Settimana Internazionale della Critica condivide le ispirazioni e le motivazioni dietro il suo cortometraggio evocativo, che esplora i temi della giovinezza e dell’identità attraverso la lente di un gruppo di writers. Il film, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, racconta la storia di Lucas, Letizia, Giovanni e Federico, giovani artisti che cercano rifugio in un bosco vicino alla ferrovia. Qui, il loro spirito libero si esprime attraverso la scrittura e il graffitismo, ma dietro questa ricerca di libertà si cela una realtà complessa e sfumata.
“Nero Argento” si presenta come un’accattivante narrazione di una lunga giornata trascorsa dai protagonisti, rivelando le fragilità e le complessità delle loro vite. “Volevo catturare il bisogno di affermazione che i ragazzi provano mentre cercano di marcare il loro territorio,” spiega Manzato. Il bosco diventa un luogo misterioso e onirico, un “limbo” tra la fanciullezza e l’età adulta, dove i ragazzi devono affrontare conflitti interiori e dilemmi legati alla loro identità.
Il regista si ispira al romanzo “Il Signore delle Mosche” di William Golding, sottolineando come la narrativa di Golding, che descrive la regressione verso la barbarie, rifletta le tematiche che emergono nel suo cortometraggio. Manzato spiega che, come i personaggi di Golding, anche i protagonisti di “Nero Argento” si trovano ad affrontare pressioni sociali e sfide che mettono alla prova il loro senso di appartenenza e comportano scelte difficili da compiere.
Le scelte visive del film sono altrettanto significative. Manzato utilizza inquadrature che mettono in risalto la solitudine e l’alienazione di Lucas, enfatizzando il suo stato di “estraneo” mentre cerca di trovare la sua strada nel mondo. “La cinematografia è stata progettata per riflettere le emozioni e i conflitti del personaggio,” afferma. Le scelte estetiche contribuiscono a creare un’atmosfera densa di significato, evidenziando il contrasto tra la spensieratezza dell’infanzia e la durezza della vita adulta.
Riguardo alla scelta della location, Manzato spiega che l’ambientazione geografica indefinita serve a conferire un senso di universalità alla storia, liberando il racconto dalle singole esperienze locali. “Questa scelta permette al pubblico di identificarsi con le fragilità dei personaggi, poiché le loro esperienze potrebbero appartenere a chiunque,” sottolinea.
Manzato discute anche il suo approccio alla narrazione, che mescola documentario e finzione. “Volevo dare vita a un racconto che esprimesse la complessità delle relazioni tra i personaggi e il loro mondo,” dice. Allo stesso modo, il film si propone di mostrare la ricchezza delle emozioni e le sfide quotidiane dei giovani di oggi.
In conclusione, “Nero Argento” è un’opera che esplora le fragilità dell’adolescenza e le complessità dell’identità, creando un’affascinante connessione tra le esperienze dei personaggi e quelle del pubblico. Con la sua direzione sensibile, Francesco Manzato invita gli spettatori a riflettere sulle dinamiche dell’infanzia e sulle inevitabili transizioni verso l’età adulta.
Plot
Lucas, Letizia, Giovanni e Federico fanno parte di una crew di writers e trascorrono le loro giornate in un bosco che si estende lungo la ferrovia. Questo luogo naturale offre un rifugio al gruppo, un limbo tra l’infanzia e l’età adulta. Lucas è però inquieto: in quel bosco si muove qualcosa di minaccioso che lui solo pare intuire. Durante una notte in cui il tempo sembra fermarsi, l’incontro inaspettato con una figura misteriosa pone Lucas di fronte a un momento catartico. Con le prime luci dell’alba la realtà infrange il rifugio; non si può più rimandare l’ingresso in un mondo dove per gli animali selvatici non c’è via di scampo.