“La mia ossessione nei confronti del desiderio nasce dal fatto che credo sia una religione oggi. Tendiamo a desiderare e pensiamo che il nostro desiderio sia vero ma spesso questo ti viene indotto”. Introduce così la sua analisi sulla tirannia del desiderio che domina le nostre vite da anni, Luigi Di Capua, attore e sceneggiatore, qui alla sua opera prima, Holy Shoes, presentata fuori concorso nella sezione al 41° Torino Film Festival.
A declinare questa schiavitù delle persone per gli oggetti, un racconto corale, tra cui l’espressione più pura e radicata del fenomeno viene rappresentata dalla storia di due adolescenti, di diversa estrazione sociale, interpretati da Ludovica Nasti e Raffaele Argesanu, dove lui pensa che per per fare colpo e farsi amare, il tutto passi da regali vistosi, costosi, un paio di scarpe da quasi 1000 euro.
Insieme ai due giovani attori, nel cast anche attori più navigati come Carla Signoris, Simone Liberati e Roberto De Francesco. Di Capua parla di tirannia del desiderio, una “dittatura” che vede nelle scarpe una sua diretta emanazione e nei social il suo principale strumento di diffusione e soggiogamento.
Plot
Cosa ci spinge a desiderare un orologio, un paio di scarpe o l’ultimo telefono
uscito? Cosa cerchiamo di ottenere attraverso gli oggetti? Potere? Sicurezza? Amore?
Holy Shoes esplora il rapporto tra l’uomo e l’oggetto, individuando nella scarpa il simbolo cardine del potere disfunzionale che gli oggetti esercitano su di noi.
Attraverso le storie di quattro personaggi le cui vite, in forme e modalità differenti, vengono cambiate o messe in pericolo dalle scarpe, oggetto simbolo del desiderio per eccellenza, Holy Shoes racconta cosa siamo disposti a fare per trovare la nostra identità nel mondo, fino a che punto ci spingiamo per essere amati e accettati. Racconta un mondo in cui tutti desideriamo ciò che non abbiamo, in cui tutti vogliamo essere ciò che non siamo.