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Mostra del Cinema di Venezia

Fabio Geda, Stefano Collizzolli – Se fate i bravi (The dream and the violence) #Giornate2022

todaySeptember 17, 2022

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    Fabio Geda, Stefano Collizzolli - Se fate i bravi (The dream and the violence) #Giornate2022 fredfilmradio

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PODCAST | Chiara Nicoletti intervista Fabio Geda e Stefano Collizzolli, sceneggiatore e regista del documentario Se fate i bravi ( The dream and the violence).

L’autore Fabio Geda e il co-regista Stefano Collizzolli raccontano Se Fate i bravi – The Dream and the violence, documentario-diario sui giorni del G8 di Genova del 2001, presentato in Notti Veneziane alla 19esima edizione delle Giornate degli Autori a Venezia.

Se fate i bravi ( The Dream and the Violence) è un diario delle giornate fra il 19 e 21 luglio 2001 a Genova. Erano i giorni di un vertice fra gli otto stati più potenti della terra, qualche centinaio di persone che si riunivano per decidere il destino del pianeta; e in cui centinaia di migliaia di persone sono andate a Genova per contestare pacificamente quel modello di sviluppo predatorio e ingiusto, e proporne un altro. A quel sogno e a quella protesta rispose la più grave sospensione dei diritti democratici in Occidente dopo la Seconda guerra mondiale, come l’ha definita Amnesty International. La memoria è una cosa strana. Quella di Genova è una storia che è stata raccontata molte volte, ma il nostro paese non ci ha mai fatto i conti fino in fondo; come se per certi versi fosse una storia da dimenticare, o forse una storia già dimenticata. Anche moltissime delle memorie individuali sono interrotte; come una ferita sepolta, una frattura che ci si scorda di avere, ma che quando cambia il tempo si sente. È quello che è successo agli autori ed ai testimoni del film. Vent’anni dopo hanno sentito l’esigenza di raccontare. Ed il film è tutto un lungo racconto, un diario momento per momento svolto vent’anni dopo da Evandro Fornasier. Evandro parla quasi in macchina; in uno spazio neutro, con una fotografia evidente, raccontando la sua storia in modo disteso, intimo, e situato in quel presente distante, quasi fosse un monologo teatrale. E per certi versi lo è: si avverte la presenza, attorno alla telecamera, di persone che condividono con lui uno spazio e un tempo irripetibile. Comincia a parlare dicendo che è la prima e l’ultima volta che ha l’occasione di farlo con tutto il tempo necessario; non gli è mai successo, e non succederà più. Con voce quieta e pungente racconta l’esigenza che muoveva lui ed il suo gruppo di amici, in un gesto che sembrava necessario, indiscutibile, pur non essendo loro militanti: l’idea di un mondo un cui fosse più piacevole e più giusto vivere. Un’idea da non tenere per sé, ma da condividere, in uno spazio pubblico sognante, forse ingenuo, di piazza, di presa di parola. Racconta anche cos’è avvenuto dopo. La repressione caotica. L’arresto. La detenzione a Bolzaneto, una discesa agli inferi. E poi la traduzione al carcere di Alessandria, dove l’incubo non è finito. Al diario di parola di Evandro si affianca un diario per immagini: nel corso della lavorazione del film, Stefano Collizzolli riscopre le riprese video delle sue giornate di Genova. C’era una telecamera miniDV, con l’intento di testimoniare ma soprattutto con uno spirito di festa, di gita con gli amici, con i costumi da bagno in zaino per il giorno dopo le manifestazioni. Sono immagini che poi nessuno aveva mai più rivisto. Evandro e Stefano non si conoscevano, ventuno anni fa; eppure spesso erano separati da poche decine di metri, e quella piccola distanza è stata decisiva per come le due storie sono andate a finire. Sono due storie che raccontano la contraddizione fra sogno e violenza. Un sogno che in parte si è interrotto ed in parte è continuato in altre forme. E una violenza che ha prima colpito i corpi e poi schiacciato il racconto in un estenuante dialettica fra criminalizzazione del movimento e contro- narrazione difensiva. Il sogno e la violenza sono un nodo che va oltre Genova 2001, e parlarne più di vent’anni dopo è un tentativo di entrare nel cuore di questa contraddizione: la dismisura di quando l’ordine delle cose diventa, forse per sua intima necessità, disordine; di quando il monopolio dell’uso della forza crediti non contrattuali diventa illegittimo, in un modo che illumina la natura profonda, continuata e forse (terribile pensarlo) necessaria, dello Stato. Ma forse la cosa più essenziale di Genova è che si tratta di una storia che non siamo mai riusciti a raccontarci fino in fondo. Questo è ciò che ha generato i due diari, e che ha aperto la strada anche ad altri incontri. Anche Alessandra Ballerini, avvocata allora per il Genoa Legal Forum, dice che non voleva tornare su quella vicenda, e che, pur avendo passato anni a ragionare sui fascicoli per difendere le persone coinvolte, forse non ci aveva mai più pensato per davvero. Alfonso Sabella, magistrato con una lunga storia nell’antimafia e poi responsabile di Bolzaneto, dice che non ha mai potuto raccontare la sua versione in tribunale. Gianfranco Bettin, che allora era nel gruppo di contatto fra movimento ed istituzioni, collega questa frattura ad altri non detti della storia del paese, a partire dalla strategia della tensione. Nel film intervengono anche gruppi di ragazzi fra i sedici e i vent’anni. Quasi nessuno di loro ha idea del G8 del 2001; nemmeno i nomi di Carlo Giuliani o della scuola Diaz gli dicevano qualcosa: a un certo momento, quel racconto si è chiuso, e se n’è bloccata la trasmissione; è una storia che non siamo stati capaci di raccontarci, né come individui che l’hanno attraversata, e si trovano con un “eredità senza testamento”; né, tantomeno, come comunità, che l’ha rimossa oppure l’ha utilizzata come clava. È il momento di riprendere parola, collettivamente; e questo film, la fatica di questo diario scritto a più mani vent’anni dopo, se serve a qualcosa, serve a questo.

Per scoprire di più, clicca qui.

Written by: fredfilmradio

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