Per il suo primo film da regista, “Palazzina LAF”, presentato alla 18esima Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public, Michele Riondino racconta la storia di uno dei più famigerati “reparti lager” del sistema industriale italiano, nella sua Taranto, maltrattata e malmenata da tempo.
Il primo caso di Mobbing
Palazzina LAF è la storia di un caso giudiziario che ha fatto scuola nella giurisprudenza del lavoro. 79 lavoratori altamente qualificati costretti a passare intere giornate in quello che loro stessi hanno definito in tribunale “una specie di manicomio”. Per la prima volta il confino in fabbrica fu associato a una forma sottile di violenza privata e per merito di questa sentenza un termine ancora non riconosciuto dal nostro ordinamento giuridico fu finalmente introdotto. Il debutto alla regia di Michele Riondino parla dunque del primo caso di mobbing in Italia.
Il richiamo al presente
Tutti i fatti narrati nel film sono frutto di interviste fatte a ex lavoratori ILVA ed ex confinati, e i passaggi finali sono dettagliatamente presi dalle carte processuali che hanno determinato la condanna degli imputati e il risarcimento delle vittime.
A intervallare il racconto di quei giorni, Riondino inserisce delle immagini, delle stoccate, dei riferimenti a quello che invece sta accadendo nel nostro presente come a ricordare che, quello che siamo oggi, che viviamo oggi, dall’inquinamento alle intossicazioni da diossina fino alle morti e le malattie croniche, sono frutto di quelle azioni che narra accuratamente nel film.
Per usare le parole dello stesso regista: “quello che oggi viviamo è sicuramente frutto del disinteresse di chi nel 1995 ha sacrificato un’intera città sull’altare del proprio capitale”.
Palazzina LAF sarà al cinema dal 30 novembre con BIM distribuzione.
Plot
1997. Caterino, uomo semplice e rude è uno dei tanti operai che lavorano nel complesso industriale dell’Ilva di Taranto. Vive in una masseria caduta in disgrazia per la troppa vicinanza al siderurgico e nella sua indolenza condivide con la sua giovanissima fidanzata il sogno di trasferirsi in città. Quando i vertici aziendali decidono di utilizzarlo come spia per individuare i lavoratori di cui sarebbe bene liberarsi, Caterino comincia a pedinare i colleghi e a partecipare agli scioperi solo ed esclusivamente alla ricerca di motivazioni per denunciarli. Ben presto, non comprendendone il degrado, chiede di essere collocato anche lui alla Palazzina LAF, dove alcuni dipendenti, per punizione, sono obbligati a restarvi privati delle loro consuete mansioni. Questi lavoratori non hanno altra attività se non quella di passare il tempo ingannandolo giocando a carte, pregando o allenarsi come fossero in palestra. Caterino scoprirà sulla propria pelle che quello che sembra un paradiso, in realtà non è che una perversa strategia per piegare psicologicamente i lavoratori più scomodi, spingendoli alle dimissioni o al demansionamento. E che da quell’inferno per lui non c’è via di uscita.